Tenute Sajni Fasanotti

Paesaggio e viticoltura

Un fermo immagine del paesaggio viticolo lungo l’Adige viene offerto dai tanti personaggi che, tra la fine del Settecento e la metà dell’Ottocento, intrapresero il Grand Tour, un lungo viaggio di formazione che partiva dai Paesi dell’Europa centrale e si concludeva in Italia. Goethe, ad esempio, nel 1786 così descrive la valle dell’Adige verso Trento: “al piede del monte le colline sono coltivate a vite, tra i filari lunghi e bassi sono piantati dei pali e le uve brune pendono graziosamente dall’alto, come da un soffitto…”.

Le parole del poeta tedesco permettono di capire che la forma di allevamento della vite era quella a pergola, contrariamente a quanto avveniva in molte altre località del Tirolo meridionale, dove la vite era ancora maritata alla pianta viva. Ben presto, però, sotto la continua richiesta di vino, le alberate scomparvero per lasciare posto quasi esclusivo alle pergole. Rovereto divenne un centro viticolo importante, con un paesaggio dominato dalla pergola, insediatasi al posto degli incolti e dei prati. Nel fondovalle si diffuse la pergola doppia, mentre in collina la mezza pergola.

Agli inizi del Novecento il paesaggio si specializza ulteriormente con l’aumento del vigneto e la scomparsa di prati, siepi, piantate ecc.; la vite occupa gli spazi che vanno dai 70 m ai 700 m in un territorio che è quasi interamente collinare e montano, in quanto solo il 10% è costituito da fondovalle pianeggiante. I vigneti sono spesso aggrappati a scoscesi pendii e in autunno i colori delle foglie formano scenari che ricordano i quadri degli impressionisti francesi. La vite e la morfologia del rilievo sono i due elementi dominanti in un ambiente che, grazie all’attenta gestione, è stato preservato da fenomeni di degrado. Inoltre la tradizione, la tenacia e l’affezione per il vigneto ne impediscono l’abbandono anche quando il tornaconto economico non è certo.

Il paesaggio d’Isera nasce quindi dall’insieme di questi fattori; la forma di allevamento prevalente a pergola, i muri a secco, le rade abitazioni, le macchie a bosco e in basso l’immancabile presenza dell’Adige, compongono un’identità che parte dal visibile e si ritrova poi nell’invisibile vino. Le forme di allevamento sono quelle tradizionali della zona: pergola trentina semplice e spalliera con potatura a Guyot nei pendii a maggiore pendenza e trentina doppia dove le terrazze sono più ampie e le pendenze meno accentuate. Le pergole hanno il pregio di permettere un’ottima intercettazione della luce da parte della vegetazione, sfruttando quindi al meglio un fattore che altrimenti potrebbe rivelarsi limitante.

La moderna ricerca consiglia di arrivare a densità di impianto di circa 4000 ceppi a ettaro, di inclinare il tetto orizzontale fino a 45°, di lasciare una fascia dell’interfilare non coperta dalla vegetazione per migliorare l’arieggiamento dei grappoli e di intervenire sempre con diradamenti dei grappoli, sfogliature e cimature. La pergola fa parte del bagaglio culturale del viticoltore, che nel corso dei secoli ne ha perfezionato i principi costruttivi e ha compreso il comportamento della vite una volta impalcata e fatta crescere secondo i dettami di questa forma di allevamento.

I VITIGNI NELLA STORIA

L’area vitivinicola di Isera